Per rivendicare la proprietà di un’opera rubata occorre fornire la prova dell’acquisto originario.
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Nel 1984, il dipinto di Renoir “Edipo Re”, del valore stimato di un milione di euro, fu oggetto di furto in un’abitazione di una famiglia romana, ritrovato, poi, dopo lunghi anni nel possesso di un architetto veneto, che lo aveva ereditato dalla defunta madre che, a sua volta, lo aveva acquistato in un mercatino dell’antiquariato.
A seguito di ciò, gli eredi dei primi possessori, cioè quelli che avevano denunciato il furto, instaurano un giudizio civile contro l’architetto veneto per ottenere la restituzione del dipinto da questi detenuto in buona fede.
E, così, il Tribunale, prima, e la Corte di Appello, poi, gli danno ragione, ma l’architetto, non accettando la decisione, ricorre in Cassazione.
Gli ermellini, accogliendo un motivo del ricorso, con sentenza n. 2612/2021, cassano la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, per un nuovo esame della domanda di restituzione proposta dai primi possessori.
Per la Cassazione, la domanda di restituzione di un bene già oggetto di furto, svolta nei confronti del soggetto che si trova nel possesso del bene, introduce un’azione di rivendica non di restituzione. E precisa che c’è differenza tra rivendica e azione di restituzione. L’azione personale di restituzione, come già dice il nome, è destinata a ottenere l’adempimento dell’obbligazione di ritrasferire una cosa che è stata in precedenza volontariamente trasmessa dall’attore al convenuto, in forza di negozi quali la locazione, il comodato, il deposito e così via, che non presuppongono necessariamente nel tradens la qualità di proprietario. Ed essa non può pertanto surrogare l’azione di rivendicazione, con elusione del relativo e rigoroso onere probatorio, quando la condanna al rilascio o alla consegna viene chiesta nei confronti di chi dispone di fatto del bene nell’assenza anche originaria di ogni titolo.
Il caso in esame, invece, è tipico di una domanda di rivendicazione, poiché il suo fondamento risiede non in un rapporto obbligatorio personale inter partes, ma nel diritto di proprietà tutelato erga omnes, del quale occorre quindi che venga data la piena dimostrazione.
La sentenza della Cassazione, chiarisce, inoltre che: “il modo di acquisto della proprietà dei beni mobili previsto dall’art. 1153 cod. civ. richiede, oltre al possesso di buona fede, l’esistenza di un titolo astrattamente idoneo al trasferimento del diritto, requisito, questo, che deve essere provato da chi lo allega a proprio favore, non potendo presumersi in base alla semplice consegna della cosa, che può derivare anche da rapporti non traslativi del diritto di proprietà”.